Se il disciplinare di produzione prevede la presenza di vitigni complementari a bacca bianca, purché non aromatici, per una quota del 10%, oggi i produttori della zona tendono a vinificare in purezza il Lugana esclusivamente con uve Turbiana. Un atto dovuto a un vitigno che ha dimostrato di avere in questo terroir risorse insperate per una varietà di Trebbiano. L’attuale disciplinare di produzione prevede ben cinque tipologie di Lugana: la versione “Base”, il Superiore, la Riserva, la Vendemmia Tardiva e lo Spumante.
Il Lugana “Base” è il motore produttivo di tutta la denominazione, il suo mattone fondamentale, l’ago qualitativo della zona: il suo volano produttivo copre quasi il 90% della Doc. Presenta un colore giallo paglierino tenue con riflessi verdognoli; i profumi, delicati, quasi accennati, offrono sensazioni floreali miste a note di mandorla; il gusto è garbato, stilizzato, definito, teso e gustoso.
Introdotto nel disciplinare di produzione a partire dal 1998, il Lugana Superiore, che per definirsi tale in etichetta deve essere sottoposto a un periodo di invecchiamento o affinamento di almeno un anno a partire dalla vendemmia, presenta un profilo più variegato e complesso: il colore ha riflessi più dorati; i profumi, più articolati, offrono sentori di erbe di campo, di clorofilla, di mela matura, di agrume (mandarino in primis), uniti a note di nocciola o spezie con il passaggio nel legno (oggi sempre meno nuovo e tostato, e più grande in capacità); il palato, di maggior struttura, è sorretto da un’acidità viva e tonica, ed è attraversato da una sapidità di matrice minerale che sa conferire intriganti sfumature “salate” al vino.
Il Lugana Riserva, introdotto nel disciplinare di produzione con l’ultima modifica del 2011, è la naturale evoluzione della tipologia Superiore: deve invecchiare o affinarsi per almeno 24 mesi, di cui 6 in bottiglia, ha toni cromatici più accesi, profumi più evoluti e complessi, con note affumicate di pietra focaia e riflessi balsamici, una mineralità più calda al palato, ma parimenti avvolgente, sapida e persistente.
La longevità di queste versioni “secche” e “ferme” varia da tipologia a tipologia, ma anche da stile a stile: oggi che la produzione è sempre più orientata a vinificazioni in acciaio e “sur lie” (soste prolungate del vino sui propri lieviti per aumentarne corpo e sapore), nonché ad affinamenti misti (parte in acciaio e parte in legno) per le selezioni più importanti (siano esse Superiore o Riserva), il Lugana si scopre ancora più longevo rispetto al precedente passato. La versione “base” può così rimanere in cantina anche per due-tre anni mentre le versioni Superiore e Riserva hanno una potenzialità evolutiva che può tranquillamente dipanarsi lungo una decina d’anni.
La novità è senz’altro rappresentata dal Vendemmia Tardiva, un Lugana diverso, più “sperimentale”, lontano però dalla dolce viscosità di un passito tradizionale. Questo Lugana viene infatti ottenuto con una “surmaturazione” in pianta attraverso una raccolta tardiva delle uve tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, senza ulteriori appassimenti in fruttaio. Queste uve più ricche e concentrate conferiscono al Lugana un profilo tendenzialmente “tardivo”, quindi più morbido e denso, ma non eccessivamente dolce, dove il residuo zuccherino viene efficacemente bilanciato dall’acidità sul modello delle Vendange Tardive alsaziane o delle Spätlese tedesche.
La versione Spumante, introdotta nel disciplinare di produzione a partire dal 1975, rappresenta invece, al di là dell’esiguità dei numeri produttivi, una tradizione consolidata. Si narra infatti, anzi lo racconta Camillo Pelizzari nel suo fondamentale La Lugana e il suo vino (1942), che sul finire dell’Ottocento un gruppo d’industriali della Champagne, in visita a San Martino della Battaglia, tentarono senza grande successo (a causa della scarsa produzione) d’investire sulla spumantizzazione del Lugana, volendo addirittura creare a Rivoltella una cantina per la produzione di uno spumante a metodo classico sul modello della Champagne.
Oggi il Lugana Spumante è prodotto sia con il metodo Charmat o Martinotti (presa di spuma in autoclave) sia con il metodo classico (rifermentazione in bottiglia). Nel primo caso il quadro organolettico è improntato a una maggior semplicità e freschezza, con profumi primari di agrume (cedro in primis) e un perlage più cremoso e generoso, mentre nel secondo il profilo diventa più raffinato e complesso, con un bouquet più elegante e dinamico, e un perlage più aggraziato e “croccante”.